– Sento il peso dei tuoi pensieri.
– Dici sul serio?
– Dico, dico. Guardati un po’.
– E che dovrei vedere?
– Quegli occhi che vagano in cerca di risposte che non riesci a trovare.
– Sarebbe più facile se le risposte arrivassero da sole.
– Già, lo so. Ma non funziona così.
– No, non funziona così.
– Allora, è un addio?
– Un addio è così definitivo.
– Lo so.
– Diciamoci “ciao” intanto.
– Solo “ciao”?
– È una parola troppo sottovalutata, non trovi?
– Che intendi?
– Che dietro quattro lettere si nasconde un mare di possibilità.
– Mi piace “ciao”.
– Anche a me!
– Allora “ciao”.
– Allora “ciao”.

È vero il ciao è qualcosa di indefinibile sottintende un’infinità di soluzioni diverse, e pensare che deriva dal veneziano schiavo, o sbaglio?
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Sai che non lo sapevo? Però sono andata a cercare, e hai ragione tu. Deriva dal veneto “s’ciao” che, a sua volta, provenie da un termine tardolatino: più o meno dovrebbe essere “sono suo schiavo”.
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Sì è così. Spesso nelle commedie di Goldoni un cavaliere che incontra una dama inchina il capo e la saluta dicendole s’ciao cioè schiavo.
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